20 anni fa, in un freddo e grigio pomeriggio di inverno nella città di Roma.
Stavo passeggiando per le strade del mio quartiere con mio figlio Luca di 3 anni, faceva molto freddo e le strade erano ghiacciate dalla brina.
Al lato di un portone, si trovavano, distesi per terra, una mamma papà e due bambini, accucciati sul gradino di un negozio, coperti alla bene e meglio, che chiedevano la elemosina.
Premetto che Luca è stato sempre un bambino sensibile, dotato di una gentilezza innata che lo portava sempre di sua volontà a donare un soldino ai mendicanti oppure a fermarsi, giocando al pallone, per non schiacciare le formiche.
Insomma, in quella sera d’inverno, Luca, oltre a donare delle monete dal suo borsellino, mi domandò con un’espressione preoccupata :“Papà perché questa famiglia e questi bambini stanno fuori al freddo?” io ,consapevole che la domanda di Luca era la stessa alla quale per tanti anni non ero riuscito a dare una risposta , risposi con un po’ di difficoltà :“ Amore mio perché non hanno i soldi sufficienti per andare in posto caldo” e lui con il sorriso più calmo e più dolce del mondo replicò: “Papà, allora perché non li portiamo in una casa ?” ed io a lui “Ma come la vorresti chiamare questa casa?” e lui con tutta la naturalezza del mondo “ La Casa dei Colori”.
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